Nelle scorse settimane mi sono deciso a leggere Atlantico di Simon Winchester, un viaggio (storico, letterario, geografico e sociale) dentro il “nostro” oceano che ha riposato per anni sugli scaffali della mia libreria.
Il libro è molto lungo, 484 pagine, e non è affatto una lettura leggera. Lo dico subito, mi aspettavo qualcosa di diverso: tratto in inganno dal sottotitolo – “Grandi battaglie marine, scoperte eroiche, tempeste titaniche e un vasto oceano di un milione di storie” – ero pronto a immergermi in pagine trascinanti e piene di suggestioni, aderenti alla realtà ma con ampie sfumature letterarie e narrative.
Mi sono ritrovato invece fra le mani un saggio molto serio, ricchissimo di contenuti e scritto con rigore accademico. Arrivare in fondo non è una passeggiata, ci sono pagine e dettagli di cui avrei fatto a meno, ma alla fine ci si sente un po’ più ricchi. Insomma, gli sforzi sono ampiamente ripagati.

Due parole sull’autore. Simon Winchester è un giornalista inglese, residente negli Stati Uniti, con un curriculum pazzesco: ha girato il mondo e ha scritto reportage per giornali e riviste che spaziano dal “Guardian” al “National Geographic”. Tra i suoi libri va ricordato anche Il professore e il pazzo, la storia (incredibile) della nascita dell’Oxford English Dictionary trasformata nel 2019 in un film con Sean Penn e Mel Gibson.
Il saggio è strutturato come una biografia, dalla nascita dell’Atlantico alla sua inevitabile estinzione. Le prime pagine sono quelle più ostiche, sempre che non siate appassionati della genesi dei mari e dei continenti, poi è un lento crescendo: Winchester racconta gli esploratori più o meno celebri (Colombo è uno dei tanti e non è stato il primo ad attraversare le acque atlantiche), ci mostra come artisti e letterati abbiano interpretato l’oceano, descrive le navi dei pirati e quelle utilizzate per la tratta degli schiavi.






La seconda parte del saggio è dedicata al presente e al futuro, la storia lascia spazio alla sociologia e alla politica. Oggi l’uomo non ha più paura dell’Atlantico, lo sfrutta fino a esaurire le riserve di pesce e lo inquina con le sue navi, lo attraversa distrattamente a bordo di un aereo, non si cura dell’innalzamento delle acque causato dal riscaldamento climatico. È come se tante tragedie dettate dalla superbia – a partire dal collasso del Titanic – non avessero insegnato niente:
Non si può che provare vergogna e frustrazione: inquiniamo il mare, lo saccheggiamo, gli manchiamo di rispetto, lo disprezziamo, lo vediamo come una semplice distesa di peltro martellato mentre lo sorvoliamo con i nostri aerei inquinanti – dimenticando o ignorando che esso è l’origine di ogni forma di vita sulla terra, la fonte da cui veniamo tutti noi. E l’Atlantico, il primo oceano del mondo a essere stato scoperto, attraversato e conosciuto, è di gran lunga il più inquinato, il più saccheggiato, il meno rispettato, il più disprezzato.
Alla fine, in ogni caso, vincerà lui. Indifferente al destino della razza umana, l’oceano resterà lì – “in un modo o nell’altro, in una forma o nell’altra, e forse sotto nomi diversi da quello che rende onore ad Atlante, le sue acque esisteranno sempre, fino a che esisterà il pianeta”.
Simon Winchester Atlantico Adelphi 2013 484 pp, traduzione di Jacopo M. Colucci